Relazione diretta Disturbi del comportamento alimentare

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a cura di Annalisa Anastasi

Relazione diretta Disturbi del comportamento alimentare con Alice Culcasi

La diretta Aspic Friuli Venezia Giulia su Facebook del 27 novembre 2023 ha avuto come tema “I disturbi del comportamento alimentare”, con relatrice la psicologa e psicoterapeuta in formazione Alice Culcasi.
Anoressia e bulimia sono le due facce del disturbo del comportamento alimentare di cui si parla maggiormente. Ce ne sono altre a cui sono dedicate meno risorse e meno servizi specifici, come il Binge Eating. Esso si differenzia dalla bulimia in quanto, in quest’ultima, la persona mette in atto delle condotte compensative. Infatti, quando si verifica un’abbuffata, la persona attua alcune modalità come iperattività, vomito autoindotto o utilizzo di lassativi.

Nel Binge Eating non sono presenti mezzi di compenso e, come indice diagnostico, si utilizza l’incremento ponderale.
Vi è poi il disturbo restrittivo-evitante, in cui la persona tende a selezionare gli alimenti in base al colore e alla consistenza o al sapore ed è più tipico dell’età evolutiva o pediatrica oppure c’è la pica, soprattutto in età pediatrica, in cui la persona si alimenta con sostanze che non hanno valore nutrizionale, come la carta, lo smalto, puntine delle matite e varie altre cose.

Nell’anoressia prevale il sottopeso, nel caso della bulimia si trovano persone normopeso; non risulta, quindi, semplice un’identificazione immediata. In entrambe le situazioni la persona identifica il proprio corpo come la propria identità ma forgia un’idea di sé attraverso lo sguardo dell’altro, in base alla forma del corpo. A livello sociale si tendono ad attribuire delle caratteristiche stereotipiche a persone normopeso e sovrappeso e ciò aumenta molto la difficoltà di gestione di tali problematiche. In questi casi, la sofferenza riguarda tutti gli ambiti della vita della persona che vengono compromessi (lavoro, vita sociale e scolastica). Non si parla di cause di insorgenza ma di multifattorialità; possono esserci, però, delle caratteristiche a livello di personalità, come il perfezionismo, un’attenzione molto alta alle opinioni degli altri e un’elevata sensibilità oltre all’incidenza dell’ambiente di provenienza (svalutante o che tutela molto la persona). Non risulta semplice trovare un nesso specifico e non è opportuno generalizzare. La parte biologica appare

molto minoritaria, ad oggi non esistono particolari studi che individuano connessioni tra la genetica e lo sviluppo dell’anoressia nervosa. In alcuni casi si possono individuare eventi traumatici che possono coincidere con l’esordio del disturbo. Ci possono essere molti segnali da monitorare: improvvisi cambi di peso, se la persona presta molta attenzione al corpo, situazioni di bullismo o quando si affrontano cambiamenti radicali, come lutti o la separazione dei genitori. Nei bambini si prende in carico tutta la famiglia mentre in adolescenza giocano un ruolo preponderante i fattori sociali, come il fatto di attribuire delle caratteristiche a un determinato corpo o l’impatto dei selfie e dei social media rispetto alla definizione della propria identità in base a ciò che viene mostrato all’altro. Il ruolo della famiglia è centrale in quanto, soprattutto in adolescenza, sono i genitori a rivolgersi ai servizi. La presa in carico riguarda, in tali casi, l’intero nucleo. I protocolli delle scuole prevedono un lavoro sulla consapevolezza e accettazione del proprio corpo, sul riconoscimento delle emozioni, ma non vengono descritte le caratteristiche dei disturbi alimentari. Si potrebbe rischiare, infatti, paradossalmente, di offrire “le istruzioni” per ottenere un calo di peso alle persone fragili. Durante la pandemia, a livello nazionale, è stato segnalato un aumento notevole (in alcune regioni del 50% o maggiore) di casi di disturbo alimentare, non si sa se per l’improvviso isolamento con conseguente perdita di rete sociale con i coetanei o per i social. Il Covid ha incrementato lo sviluppo di ansia e depressione negli adolescenti. Di pari passo a questa situazione, sono nati in rete moltissimi profili recovery per supportare le persone che soffrono di determinate problematiche. In alcuni profili viene raccontata la storia del proprio disturbo alimentare sul versante anoressico e come la forma corporea cambi aumentando l’assunzione di calorie. In altri, per le ragazze che hanno sofferto di bulimia, vengono veicolati dei consigli su come gestire le abbuffate o come introdurre l’attività fisica. La cosa positiva di tali profili è l’accessibilità a tutti mentre il rischio risulta incentivare comportamenti emulativi. Il ragazzo/ a si focalizza sulla forma del corpo lasciando in ombra le motivazioni che lo spingono ad approcciarsi o rinunciare al cibo e rischia di provare frustrazione nel non raggiungere i medesimi risultati del proprio modello. I disturbi del comportamento alimentare sono una problematica dell’Occidente, di natura culturale. Risulta fondamentale, per tale ragione, discriminare i contenuti che vengono letti guardando attentamente le fonti. Le diagnosi effettuate da soli

sono molto rischiose perché attribuiscono un’etichetta che il soggetto ha poi difficoltà a togliere.
Per quanto concerne il cibo, bisogna rivolgersi a un esperto e avere consapevolezza del proprio stile alimentare. Le equipe multidisciplinari e interdisciplinari prendono in carico il paziente e sono costituite da varie figure: lo psicologo psicoterapeuta, il dietista, l’internista (in caso di complicazioni a livello organico), diverse infermiere (se la persona si trova in un centro diurno) e lo psichiatra. Nel pubblico si può trovare, a Udine, il CUDICA (Centro Unico per il Comportamento Alimentare) a cui le persone accedono la mattina ed escono il pomeriggio, dopo avere pranzato. Ci sono anche varie comunità, in tutta Italia, che permettono vari livelli di intervento, associazioni che organizzano gruppi con i genitori delle persone coinvolte, come Aspic Friuli Venezia Giulia che ne prevede uno, a partire da lunedì 9 ottobre, in sede a Udine, dalle ore 20.30. In tale contesto sono possibili il confronto e la condivisione del senso di smarrimento e della sofferenza del figlio che è totale. Il senso di colpa è un tema trasversale e riguarda non solo chi vive il problema, ma anche le figure genitoriali. Pensiamo, ad esempio, che la letteratura parlava di madri coccodrillo e che la causa dell’insorgenza del disturbo, in passato, veniva correlata proprio a loro. In alcune situazioni si dice che è una problematica egosintonica, vale a dire il compromesso migliore rispetto a una sofferenza più grande, senza nome, che la persona non è riuscita a verbalizzare. Agire sull’alimentazione porta chi è coinvolto a opporsi. La guarigione implica la scomparsa dei sintomi e il ritorno alla situazione precedente, ma, per quanto concerne i disturbi del comportamento alimentare, non risulta semplice cancellare anni di vita in una determinata condizione. Si parla, piuttosto, di cura e presa di consapevolezza. La persona può, quindi, scegliere se assecondare un determinato comportamento oppure no. Gli amici possono parlarne apertamente, anche se chi ne soffre potrebbe negare tutto o arrabbiarsi. Risulta utile porre il focus sulla propria preoccupazione e, successivamente, chiedere direttamente all’amico in cura cosa fare, ad esempio: “Mi piacerebbe passare del tempo con te e andare a pranzo. Se non te la senti puoi anche non mangiare in questo momento”. Tenere una persona con un disturbo del comportamento alimentare legata alla vita e a una rete sociale ha un impatto decisivo nella cura.

Negli Stati Uniti è molto frequente il ricorso alla chirurgia bariatrica per fronteggiare una problematica particolarmente diffusa come l’obesità, ma se quest’ultima è legata a una disregolazione emotiva e non ha solo matrice organica, ciò non basta ed è necessario un intervento multidisciplinare. In Italia esistono alcune realtà che prevedono una parte iniziale di screening per stabilire se la persona abbia un disturbo di natura alimentare o meno prima di effettuare un intervento chirurgico; solo in poche ci sono, successivamente, dei percorsi di supporto psicologico e, tendenzialmente, i pazienti si rivolgono al privato.